IL CICLISTA MODERNO
La prima accusa alle moderne metodiche di allenamento, mossa da chi è ancora legato solo al ciclismo tradizionale è quella di rendere i corridori delle specie di robot che debbano solamente sottostare a tabelle scientifiche e comprovate, ma anche troppo alienanti e che ingabbiano ogni tipo di fantasia e di sensazione personale. Avete sicuramente presente il film "Rambo", con il famoso "io ti spiezzo in due", vero? L'accusa è proprio quella di ritrovarsi dalla parte dell'atleta costruito solo in laboratorio e non dalla parte di Rambo, che impersonofica la fantasia, la semplicità ed il cuore. Io credo che non possa esistere una tabella talmente perfetta e soggettiva da poter essere seguita alla virgola da qualunque atleta, anche se di altissimo livello; la programmazione degli allenamenti è necessaria e non si può prescindere da questa, ma va dato un certo tipo di spazio anche alla fantasia, ma soprattutto alla personalità ed alla condizione fisica del momento: chi si sente di costringere a fare un lavoro duro un ciclista che si senta stanco e spossato? E' sicuramente più allenante (sic!) recuperare, cioè utilizzare carichi ridotti e che consentano all'organismo un completo ripristino delle energie.
Chi non ha la fermezza mentale ed un minimo di conoscenza di se stesso per poter discriminare un lavoro positivo da uno che in quel momento lo sta solo danneggiando non sta facendo sport in maniera corretta; chi non utilizzi tutte le esperienze -dalla gara al semplice allenamento- per conoscersi meglio e per cercare un certo tipo di sensazioni, cioè di segnali che l'organismo invia nei vari momenti sta solo sprecando il proprio tempo e si sta allenando male. Mi capita non di rado di imbattermi in ciclisti che, vista la grande massa di cose da fare e da pensare -questo è valido sia per chi pratica il ciclismo come prima attività sia per chi lavora e lo fa per hobby- preferiscono adagiarsi su una tabella preconfezionata e lo fanno per la poca fiducia e conoscenza di loro stessi, ma anche per non essere costretti a "pensare" a qualcosa in più. Questi sono ciclisti, ma anche persone, che non ricercano il massimo da loro stesse.
La cosa che ha fatto gridare allo scandalo e che ha fatto sembrare che i ciclisti si sarebbero presto dovuti trasformare il tanti "omini Michelin" sono state le S.F.R. o Salite Forza-Resistenza, che sono tratti in salita percorsi con un rapporto molto duro (dal 52-16 al 53-12) a bassa frequenza di pedalata (30-40 rpm). Forse questa metodica di allenamento, che aumenta appunto la forza-resistenza, è poco bella da vedere e sembra volta a far raddoppiare il volume muscolare del soggetto, ma così non è: si pensi a che grande importanza abbia assunto la percentuale di grasso negli atleti: con un semplice test di valutazione si risale a questo valore e non è un caso che ci si trovi di fronte a ciclisti con una sempre minore percentuale di grasso, ma in grado di sviluppare una potenza pari o superiore alla fase precedente.
Allenarsi come una volta e valutare il carico di lavoro solo con il numero di chilometri percorsi non ha più senso, se non per fare del puro cicloturismo. Oggi possediamo test di valutazione che sono alla portata di tutti ed abbiamo il cardiofrequenzimetro che ci indica in tempo reale che tipo di sforzo stiamo compiendo e da questo possiamo risalire alla durata che potremo sostenere prima di dover inesorabilmente diminuire il ritmo: come fare a non approfittare di questi straordinari mezzi e conoscenze? Non dimentichiamoci che oggi una lettera non si scrive più con la macchina da scrivere, ma con il computer e sinceramente non capisco perchè il ciclismo, sport che ha avuto sempre molta difficoltà nel rinnovarsi, debba ancora una volta rimanere al palo. Non è neppure vero che il doping sia legato a doppio filo alle metodiche moderne di allenamento: chi si dopa, o chi si dopava, dato che questo succedeva abitualmente anche ai tempi di Coppi e Bartali, spesso invocati come i "tempi in cui si andava solo a pane ed acqua" lo fa coscientemente e con l'intenzione di frodare. Possiamo solo dire che, a fronte dei grandi progressi fatti dalla medicina sportiva negli ultimi anni, non ci sia stata una adeguata crescita nella ricerca delle modalità e delle sostanze che alterano le prestazioni degli atleti.
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